Per la conservazione del Deposito della Fede.

Affinché il Regno di Dio venga!

MAGNIFICO

L’Ordine del Magnificat della Madre di Dio ha il seguente scopo speciale la conservazione del Deposito della Fede attraverso l’educazione religiosa in tutte le sue forme. Dio l’ha stabilita come “un baluardo contro l’apostasia quasi generale” che ha invaso la cristianità e in particolare la Chiesa romana.

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La parola d’ordine per il 2023:

PAZIENZA

per amore di Dio e in unione con Gesù Cristo

AUGURIO:

GRAZIOSAMENTE


 

Padre Mathurin della Madre di Dio

Nel nome del Padre, del Figlio, dello Spirito Santo e della Madre di Dio. Così sia.

All’alba di questo nuovo anno, in questo primo giorno del nuovo anno dedicato al nostro Padre Celeste, a nome nostro, a nome vostro, fratelli e sorelle, vogliamo fare i nostri migliori auguri al nostro Padre Celeste.

Siamo stati scelti per essere la lode della sua gloria, dice San Paolo. Con tutta l’intensità e il fervore del nostro cuore, diciamo all’Eterno Padre che vogliamo essere per Lui una lode di gloria e che vogliamo usare per la Sua gloria tutto ciò che Egli ha creato in noi: il nostro cuore, la nostra anima, la nostra volontà, la nostra memoria, tutte le nostre facoltà, tutto il nostro essere.

Pazienza cristiana

La parola d’ordine di quest’anno è: la pazienza. Padre Adolphe Tanquerey ce ne dà la definizione nel suo Précis de Théologie: la pazienza è una virtù cristiana che ci permette di sopportare con uguaglianza d’animo, per amore di Dio e in unione con Gesù Cristo, le sofferenze fisiche o morali.

Vi auguro questa virtù cristiana della pazienza. Tuttavia, esiste anche una pazienza mondana che si compone, con una certa moderazione, al fine di produrre un’immagine per impressionare chi ci circonda, per raggiungere fini umani, terreni. Non è questo.

La prima intenzione di questa virtù della pazienza che vi invitiamo a praticare quest’anno è innanzitutto quella di glorificare Dio. Ma per glorificarLo in un modo molto speciale: sviluppando nel vostro cuore la convinzione che se Dio vi manda a soffrire, è perché ha un’intenzione, un piano per il Suo figlio. È per un disegno del Suo amore che la sofferenza, in tutte le sue forme, ci visita.

La pratica della virtù della pazienza serve anche a riparare il peccato e a entrare nel piano di Dio attraverso le sofferenze e le tribolazioni che ci manda. Molti autori mettono al primo posto questo motivo di riparazione, ma io ho voluto iniziare con un motivo più positivo, che è quello di glorificare Dio.

Fonte di sofferenza

Non è Dio che ha creato la sofferenza. La sofferenza è il frutto del peccato. L’uomo è stato fatto per Dio, per la gioia dell’unione con Lui. E poiché l’uomo, con il suo peccato, ha infranto questo progetto divino, soffre, è disorientato, cerca. L’intelligenza dell’uomo è offuscata, non riesce più a vedere con chiarezza. Tutte le sue facoltà sono nell’oscurità, tutte! – a causa del peccato.

Ma con quale gioco di prestigio, potremmo dire, l’Amore infinito è riuscito a fare della sofferenza, nata dal nostro male, il rimedio al nostro male? L’uomo pecca, portando sofferenza, e l’Amore infinito ne fa il rimedio al peccato. Ci voleva un Dio per pensare a questo! Credo che questa sia una delle manifestazioni più belle del Suo Amore infinito. Il nostro male porta sofferenza, siamo condannati. E Dio, per manifestare il suo infinito Amore, eleva la sofferenza causata dal peccato dell’uomo a una dignità sublime, si potrebbe dire quasi infinita.

Identificazione con Cristo

Questa virtù della pazienza nelle avversità è qualcosa che meditiamo in particolare durante il periodo natalizio. Si manifesta innanzitutto con Maria e Giuseppe: durante il viaggio di cinque giorni da Nazareth a Betlemme, i rifiuti a Betlemme. Contemplate i dettagli dei loro gesti, tutti intrisi di pazienza. Quando arriva Gesù, che dolcezza, che pazienza! E già il mondo sta per attaccare il piccolo Bambino. La Sacra Famiglia deve partire in fretta e furia per fuggire in Egitto. Considerate come si sono comportati nel loro viaggio, lasciando la grotta di Betlemme nel cuore della notte, impreparati, per intraprendere un lungo viaggio attraverso il deserto in ogni sorta di condizioni difficili. Si rifugiano in Egitto, una terra straniera. Dobbiamo contemplare la loro pazienza per imitarla ed entrare così nelle disposizioni di Gesù, Maria e Giuseppe.

Dalla venuta di Gesù, sembra che la sofferenza sia ciò che ha la capacità di identificarci maggiormente con Cristo, il Verbo di Dio incarnato. Andate in qualsiasi parte del mondo, in qualsiasi confessione: cattolica – inutile dirlo – ma anche protestante, ebraica, musulmana, buddista, induista, pagana, andate in giro per il mondo e mostrate una croce, solo una croce fatta di due pezzetti di legno o di due righe di matita. Tutti riconosceranno il segno di Gesù, prima di pronunciare la parola croce. La croce è sinonimo di Gesù, tanto che l’ha fatta Sua.

Credo davvero che l’esempio di Gesù sia ciò che può motivarci maggiormente alla pazienza nelle avversità e nelle prove della vita; e ce ne sono! Non credo che esista una parola con più sinonimi di sofferenza: croce, avversità, tribolazioni, prove, dolori, infermità, malattie… In ognuno di questi sinonimi, Dio si aspetta che il Suo figlio lo riceva con pazienza, come un dono.

Dobbiamo fare molta attenzione al modo in cui accogliamo la sofferenza. Vorrei cogliere l’occasione per correggere un’affermazione spesso ripetuta: la croce, la sofferenza, è la salvezza. Questo è vero, ma allo stesso tempo è impreciso. Sul Calvario c’erano tre croci. Quella del nostro Gesù, il Cristo, il Redentore. È venuto a salvarci attraverso la croce divina, proprio con questo espediente del Suo amore infinito. C’è quella del buon ladrone che si rivolta e che mormora e mormora, come riporta il Vangelo.

Ma quando contempla Gesù crocifisso accanto a lui, si converte, si trasforma e la sofferenza diventa per lui redentrice e salvifica. D’altra parte, il cattivo ladrone che subisce la stessa sofferenza, lo stesso tormento della croce, diventa un reprobo, perché ha maledetto e mormorato fino alla fine. Ha bestemmiato, ha maledetto le sue sofferenze.

Si tratta di un grande mistero che Gesù ci ha rivelato e che in parte è stato rivelato anche nell’Antico Testamento. Ricordiamo la storia del santo Tobia – davvero un santo dell’Antico Testamento – che moltiplicava le opere buone, in segreto, nella massima discrezione, sotto l’occhio di Dio soltanto, per glorificarLo. L’umanità era ancora lontana secoli dalla venuta di Gesù Cristo. Mentre Tobias stava facendo un pisolino sotto un albero, alcuni escrementi di uccelli gli caddero sugli occhi e divenne cieco per anni. In seguito, grazie a un rimedio indicato dall’arcangelo Raffaele, che aveva accompagnato il figlio in un paese lontano, Tobia guarì dalla cecità al loro ritorno. Poi l’Angelo lo istruisce sul motivo di questa prova: «Ora ti mostrerò una verità, scoprirò una cosa nascosta. Poiché eravate graditi a Dio, dovevate essere messi alla prova.»

Quando l’Angelo ci dice questa grande verità di Dio, dobbiamo tacere e accettarla, aderendovi. Poiché eravate graditi a Dio, dovevate essere messi alla prova… Si potrebbe replicare che tutti sulla terra sono messi alla prova! Poi si potrebbe aggiungere che la maggior parte di loro probabilmente non è gradita a Dio. Allora risponderei che la misericordia di Dio è ancora più grande ora di quanto lo fosse per Tobia. Possiamo non essere graditi a Dio, ma Lui ci manda delle prove per renderci graditi a Lui. Questo è lo scopo della sofferenza.

Il rimedio divino

Siamo tutti peccatori. L’umanità è peccatrice come sempre. Dio vuole rendere l’umanità gradita al Suo sguardo, questa umanità che Lo oltraggia, questi cristiani che Lo disprezzano, che disprezzano la Sua attesa, in ogni modo e senza vergogna. Nonostante ciò, Dio ha deciso di rendere l’umanità gradita al Suo sguardo divino. Pertanto, vi invitiamo a questa pazienza cristiana, affinché noi peccatori possiamo diventare graditi a Dio, così come tutti i nostri fratelli e sorelle sulla terra.

Non molto tempo fa, a proposito dell’ansia che potremmo avere in questi tempi difficili, ho posto la domanda: il buon Dio chiuderà i libri? Chiudere i conti significa chiudere l’azienda, è finita. Sarà la fine della storia umana? Per usare le nostre parole umane, il buon Dio non è forse scoraggiato, stufo1 , stanco degli uomini? Non è forse stufo del male universale che non ha più limiti? Non è forse stufo di essere preso in giro in questo modo dagli uomini, le Sue creature? Fortunatamente, la sofferenza che abbiamo vissuto negli ultimi anni mi ha dato speranza. Si potrebbe dire che a Dio rimanevano due opzioni: la prima era chiudere i libri della storia umana, ma sembra che non abbia scelto questa opzione. Invece, il buon Dio ha scelto di usare le sofferenze, sofferenze che vengono dagli uomini, dai loro peccati.

Come ho detto prima, non è Dio che ha inventato il male. È davvero importante capire questo: il male viene dai peccati degli uomini. Il male porta questa desolazione sempre più diffusa, che sta diventando universale. È proprio questa desolazione che sarà il rimedio a tutti i mali se – ecco il perché della parola d’ordine – SE, fratelli e sorelle, con pazienza, senza mormorare, senza brontolare, senza analizzare tutto, se, come peccatori, come colpevoli, accettiamo i mali con pazienza, con pazienza. Quale profonda e sublime invenzione dell’Amore infinito: Dio fa della sofferenza il rimedio al male.

Il Salmista dice: Egli stesso – Gesù, il Messia – è stato considerato come un uomo colpito da Dio, umiliato. Gesù, l’Innocenza stessa, era considerato il più vile dei peccatori, non colpito dalla mano degli uomini, ma da Dio stesso. È così che il nostro Redentore è diventato il nostro rimedio. Si è fatto carico dei nostri peccati. Egli ha espiato per loro con tutte le Sue sofferenze e con la Sua dolorosa Passione. Gesù è l’esempio più grande, più bello che possiamo avere di questa virtù della pazienza, una virtù cristiana, cioè una virtù simile a Cristo.

Il nostro Salvatore ha praticato la pazienza in tutte le circostanze della Sua vita, dalla culla al Calvario. In primo luogo, è rimasto nascosto per trent’anni in una vita di lavoro e di pazienza. Poi, nella Sua vita pubblica, è stato spesso accolto male, affrontando tante trappole che gli erano state tese, subendo ogni sorta di commenti che lo deridevano e lo mettevano in ridicolo. Che pazienza!

Pazienza davanti ai Suoi nemici, pazienza con i Suoi amici. I Suoi apostoli, i Suoi amici, non capiscono in fretta. L’uomo non comprende rapidamente le cose di Dio. Pazienza ovunque, e in modo sublime durante la Sua Passione. È come se qualcosa della pazienza avesse affascinato così tanto Gesù da voler venire sulla terra per mostrarci come praticarla.

Il dono reale dell’Amore Infinito

Fratelli, sorelle, dobbiamo credere che le prove, le tribolazioni, i mali e i dolori sono il dono regale dell’Amore infinito. Crederci e aderirvi è la perfezione. La perfezione del cristiano è credere veramente con tutta l’anima che la sofferenza è un dono regale dell’Amore infinito, quindi di Dio stesso. Qualunque sia la sofferenza, la tribolazione, l’infermità, la malattia, la contraddizione, il contrattempo – e non li ho ancora nominati tutti – dobbiamo far tacere la nostra piccola ragione ed entrare nel piano di Dio con un’ottica di fede.

Il peccato ci ha allontanato da Dio, ci ha legato alla terra e ci ha messo su una strada contraria a Dio. Insisto su questo punto, perché sia ben ricordato: con i nostri peccati abbiamo prodotto tutti i mali, le tribolazioni, e Dio ha deciso che queste stesse sofferenze prodotte dai nostri peccati sarebbero state il rimedio per i nostri peccati. Il rimedio divino c’è, ma va ricordato e creduto quando se ne presenta l’occasione.

La sofferenza mette tutte le cose in ordine, al loro posto. Che mistero! Non solo la sofferenza purifica la nostra anima, ma Dio l’ha posta come condizione per la realizzazione dei Suoi scopi più grandi. E la prova definitiva di ciò è la croce. Non dimentichiamo, nelle nostre sofferenze, di unirci all’intenzione di Dio. Accettiamo come Sua volontà, per la purificazione delle nostre anime, di glorificarLo, di entrare nel Suo proposito.

Ricordiamo la storia di Santa Teresa d’Avila che viaggiava di notte per fondare i suoi monasteri carmelitani. Incontrò molta opposizione, non solo da parte dei mondani, ma anche da parte del clero, nonostante fosse un periodo di fervore nella Chiesa. Una notte d’inverno, un ponte che stava attraversando con le sorelle cedette sotto il peso del carro trainato dai cavalli. Il carro e le suore caddero nel fiume. Con grande difficoltà, sono riusciti a uscire dall’acqua gelida. Gesù, sorridendo, aspetta Teresa d’Avila sulla riva e le dice: «Ecco come tratto i Miei amici.» E Teresa d’Avila risponde scherzosamente, con candore e semplicità: «Capisco che Tu ne abbia così pochi!». Ci piace ripetere queste parole con un sorriso di fronte a ogni tipo di situazione sfortunata. Ma è davvero la verità. Dobbiamo credere che la sofferenza e le battute d’arresto siano la via degli amici di Dio.

Mysterium fidei

Dio manda le sofferenze a coloro che ama. Questa grande verità fa parte dei misteri dell’amore di Dio. Qui di seguito l’amore che abbiamo per Dio non è un’emozione, qualcosa di sentito. È un errore comune tra i cristiani quello di voler sentire l’amore di Dio, di provare una sorta di calore, un palpito, un’emozione, delle belle lacrime; ci si sente bene. Non è un male, ma anche nella religione è un’emozione naturale.

Attraverso le opinioni di fede, dobbiamo credere nell’amore di Dio nelle prove, nella sofferenza. Quest’anno, fratelli e sorelle, vi invito a questa fede pratica di credere veramente che attraverso i mali che già ci visitano e quelli che verranno in seguito, è l’amore di Dio che vuole manifestarsi a noi e all’umanità.

Vi ricordo la formula latina che il sacerdote pronuncia durante la consacrazione della Messa: Mysterium fidei. Queste parole sono usate per la Santa Eucaristia, il mistero della fede. La stessa formula può essere applicata alle sofferenze, alle difficoltà, alle infermità e alle malattie. Fate un lungo elenco delle prove che state vivendo ora e di tutte quelle che si profilano all’orizzonte. Li vedi arrivare. Quello che abbiamo vissuto è stato il primo capitolo. Quello che sta per arrivare sarà un po’ più severo, un po’ più doloroso. Mysterium fidei. Credere che questa è la manifestazione dell’amore di Dio, che ha deciso di salvarci. Ha bisogno di un piccolo manipolo di anime motivate da questa fede. Saremo tra queste anime? Sì, fratelli e sorelle, sì, lo faremo. Sono disposto a rispondere a nome vostro perché credo davvero che il vostro cuore dica di sì.

L’Eucaristia è un mistero di fede. La verità, la realtà della presenza di Gesù nell’Ostia sta nel fatto che voi sentite che Lui è lì, che avete un’emozione che vi rivela che, oh sì! Gesù è lì? No, crediamo nella Sua presenza perché ce l’ha rivelata e abbiamo fede nella Sua parola. Così è per quest’altro mistero che stiamo commentando oggi. La sofferenza è un mistero della fede, che bisogna accettare proprio come il mistero della Presenza reale. E lo si accetta, non perché si prova una dolce emozione e si sente che «sì, è vero, la sofferenza è benefica per me». Se provate emozioni dolci, siete sulla via d’uscita dalla tribolazione. Quando si è nella prova, non ci sono emozioni dolci, ma solo ferite, dolore, incomprensione. Meno si capisce, più è doloroso. Questo è il mistero della nostra redenzione, Mysterium fidei. È salutare, è la nostra santificazione…

La sofferenza accettata fa di un peccatore un santo, per decreto di Dio. Dio ha deciso questo. Il nostro peccato ha prodotto tutti i mali e Dio ha deciso che i mali sarebbero stati la nostra salvezza. In questo ambito, più che in ogni altro, dobbiamo stare attenti ai nostri sensi. Tutte le nostre facoltà possono ingannarci: intelligenza, memoria, comprensione. Quando tutto fa male, quando non riusciamo più a vedere l’orizzonte, cerchiamo di sottometterci completamente a Dio nel nostro intimo e di aderire. Allora, con gratitudine, loderemo Dio, Lo benediremo e Lo glorificheremo con l’ardore della nostra fede. Questa è la salvezza. Questa è la salvezza per se stessi, questa è la salvezza per l’umanità. È così che il mondo sarà salvato.

Questa fede è sempre stata indispensabile, ma ora lo è più che mai, perché il mondo sta per entrare in un periodo di sofferenza più intensa. Servono testimoni di Dio, che sappiano lodarLo e glorificarLo con l’adesione del loro cuore. Saranno davvero Apostoli dell’Amore Infinito, perché il loro cuore, in ogni sofferenza, in ogni difficoltà, in ogni oscurità, sempre e in ogni circostanza, adorerà i disegni di Dio.

Nostra Signora de La Salette ha detto nella Sua chiamata agli Apostoli degli Ultimi Tempi: Io sono con voi e in voi, purché la vostra fede sia la luce che vi illumina in questi giorni di tribolazione. È nella sofferenza, più che altrove, che dobbiamo praticare la fede. E ricordate che la fede non è una questione di sentimenti, non è nemmeno una questione di comprensione. La fede è aderire a un mistero che ci viene rivelato, un mistero che va oltre la ragione. E quanto più siamo sopraffatti, quanto più siamo sommersi da ogni tipo di sofferenza, quanto più la nostra ragione e tutti i nostri sensi si perdono, allora tanto più il nostro cuore, la parte più intima del nostro essere, aderisce a Dio attraverso la fede.

Graziosamente

È consuetudine aggiungere al motto un augurio. Per l’anno appena concluso, avete avuto il desiderio di «seguire Gesù, la Verità, e di farlo con grazia». Quest’anno ripetiamo lo stesso augurio di praticare la virtù della pazienza con garbo, cioè in modo tale che nessuno si accorga della vostra pazienza. Quando mostrate al vostro prossimo che siete pazienti, significa che non lo siete. Vogliamo far sentire loro che ci fanno soffrire, che ci esercitano, che sono causa di sofferenza per noi. Quest’anno applicatevi a praticare la pazienza con grazia.

Nell’inno di San Luigi Maria di Montfort sulla pazienza, si canta:

Che gloria a Dio, quel Padre buono,
Vedere il Suo caro bambino che ride,
Che umilmente bacia e riverisce
Le verghe con cui lo punisce.
Che dal mezzo dei colpi grida:
«Benedetto sia Dio! Mio Dio, perdonami.
Padre, Ti ringrazio,
Oh, che grazia! Oh, il grande dono».

Il canto della gratitudine

Quanto è glorioso per Dio vedere il Suo figlio sorridere, ringraziarLo nelle sofferenze che gli manda! Sono convinto che questo sia il vertice della religione. Sì, non c’è nulla di più grande qui sulla terra che accettare la prova, ringraziare Dio nella sofferenza, lodandoLo e benedicendoLo, non solo con le labbra, ma soprattutto con il cuore e con il profondo dell’anima, dicendogli: «Mio Dio, non poteva capitarmi nulla di meglio, visto che sei Tu che hai deciso così». Non importa quali siano le tribolazioni, le sofferenze, le prove o i mali. È molto facile dirlo stando comodamente seduti in poltrona, ma quando la sofferenza ci visita, quando tutto fa male, può diventare eroico dire: «Mio Dio, sì! Non mi sarebbe potuto accadere nulla di meglio. Ti glorifico, Ti benedico».

Gesù, la stessa, è stato visto come un uomo colpito da Dio, come il colpevole. Ma non siamo innocenti. E di fronte alle sofferenze che ci vengono incontro, dovremmo dire: «Benedetto sia Dio! Mio Dio, perdonami. Mio Dio, non mi hai abbandonato! Mi hai mandato a soffrire, hai deciso di salvarmi. Padre, Ti ringrazio. Oh! che grazia! oh! il grande dono!».

Credo che tutto il cielo sia in attesa di vedere un cristiano che benedice e ringrazia Dio, mentre tutto il suo essere, il suo cuore e la sua anima, sono nella prova, nelle tenebre, e sono sopraffatti da ogni tipo di sofferenza. Non c’è nulla per la ragione, è la prova e nient’altro che la prova, eppure questo cristiano continua a lodare il buon Dio. Quando vede questo sentimento nel Suo figlio, Dio mette in pausa tutto il Cielo… Invita gli Angeli e i Santi, e per usare il nostro modo di parlare, dice loro: «Venite a vedere il Mio figlio. Venite a vedere questo spettacolo. Ho uno che è oppresso, che è nelle tenebre, che non vede nulla, che non capisce nulla, che soffre in ogni modo. E guardate come Mi loda, Mi benedice e Mi ringrazia!».

Che spettacolo singolare per Dio, gli Angeli e i Santi! Non vorremmo dare questa gloria a Dio? Sono sicuro che il cielo si ferma a contemplare questo spettacolo, così grande, così glorificante per Dio. Potreste sentire Gesù dire: «In verità, non ho trovato una fede simile in Israele.»

Fratelli e sorelle, facciamo parte dell’Ordine del Magnificat della Madre di Dio, il Magnificat, il canto di gratitudine della Vergine Maria. Più di ogni altra cosa, dobbiamo praticare questa gratitudine nella prova e nel dolore, affinché domani, attraverso il nostro contatto, l’umanità torni a Dio. Invece di brontolare, mormorare, trovare l’azione divina deplorevole, persino dannosa – il che equivale a criticare Dio stesso – lasciamo che le anime, attraverso il nostro contatto, lodino e benedicano Dio attraverso le loro sofferenze. Questo è l’intento del motto e dell’augurio.

Cantiamo le prime tre strofe dell’inno di San Luigi Maria di Montfort sulla pazienza:

Ammiro una grande principessa
Che ride in mezzo ai tormenti,
Che senza dolore e senza tristezza
Dei mali rende affascinanti i suoi piaceri.
È l’invincibile Pazienza,
La lezione di un Gesù morente,
Il fondamento della speranza,
La forza del vero conquistatore.

Non è forse il grande sacrificio
Dell’uomo alla Divinità
Per pagare tutta la Sua giustizia,
Per glorificare la Sua bontà,
Attendere la Sua provvidenza,
Credere nella Sua autorità,
Sottomettersi al Suo potere,
Per adorare la Sua maestà?

Che gloria a Dio, quel Padre buono,
Vedere il Suo caro bambino che ride,
Che umilmente bacia e riverisce
Le verghe con cui lo punisce,
Che dal mezzo dei colpi grida:
«Benedetto sia Dio! Mio Dio, perdonami.
Padre, Ti ringrazio.
Oh, che grazia! Oh, il grande dono!»

Non è forse questo il grande, il più bel sacrificio dell’uomo alla Divinità? Per pagare tutta la Sua giustizia… paga tutto, tutto! La Sua giustizia è soddisfatta. Per glorificare la Sua bontà. È davvero un miracolo del Suo infinito Amore. Il peccato ha portato tutti i mali, e i mali compensano il peccato.

Non è forse questo il grande sacrificio
Dell’uomo alla Divinità
Per pagare tutta la Sua giustizia,
Per glorificare la Sua bontà,
Attendere la Sua provvidenza…

È assolutamente certo che il progetto, il grande disegno della Divina Provvidenza si sta realizzando in questo modo.

In questo primo giorno del nuovo anno, offriremo questo primo Santo Sacrificio della Messa con Gesù, che è il nostro grande modello e che Si immolerà a Suo Padre sull’altare. Chiedo al nostro buon Gesù, che sta per sacrificarSi, di darvi la grazia efficace per realizzare la parola d’ordine di quest’anno – la pazienza per amore di Dio e in unione con Gesù Cristo – affinché il piano della Sua Provvidenza si compia attraverso le sofferenze e le prove. Offro questa Messa a nome vostro, compresa l’intenzione, il desiderio del vostro cuore di applicarvi ad essa. Che il Suo piano d’amore si realizzi attraverso le sofferenze, le prove, i mali e le tribolazioni, perché la nostra anima, il nostro cuore aderisca. Che non possiamo mormorare e criticare, ma con pazienza lodare e glorificare Lui.

Nel nome del Padre, del Figlio, dello Spirito Santo e della Madre di Dio. Così sia.

Nostra Signora di ogni pazienza, prega per noi. (tre volte)

Segno della croce

Nel nome del Padre e del Figliolo e dello Spirito Santo e della Madre di Dio. Amen.

Preghiera preparatoria

O Gesù! Cammineremo con Te sulla strada del Calvario, che è stata così dolorosa per Te. Facci capire la grandezza delle Tue sofferenze, tocca i nostri cuori con tenera compassione alla vista dei Tuoi tormenti, per aumentare in noi il rimpianto dei nostri difetti e l’amore che desideriamo avere per Te.
Degnati di applicare a tutti noi gli infiniti meriti della Tua Passione, e in memoria dei Tuoi dolori, mostra misericordia alle anime del Purgatorio, specialmente a quelle più abbandonate.
O divina Maria, che per prima ci ha insegnato a fare la Via Crucis, ottienici la grazia di seguire Gesù con i sentimenti di cui il Tuo Cuore si è riempito mentre Lo accompagnavi sulla via del Calvario. Che possiamo piangere con Te e amare il Tuo divino Figlio come Te. Lo chiediamo in nome del Suo adorabile Cuore. Lo chiediamo in nome del Suo adorabile Cuore.