Consideriamo il nostro Salvatore che accetta la condanna, Lui l’innocenza e la santità, mentre noi, i veri colpevoli, vogliamo sempre scusarci, scusarci, scagionarci, trovare ragioni per sminuire la gravità delle nostre mancanze.
Ci inganniamo, non ci piace guardarci in faccia e conoscere la realtà delle nostre miserie. Cerchiamo di scagionarci attribuendo le nostre colpe, sia alle carenze dell’educazione ricevuta, sia al nostro ambiente o alle tendenze del nostro temperamento; ma raramente diciamo di essere colpevoli. Colpiamoci il petto e chiediamo a Gesù di far cadere la bilancia delle nostre illusioni dai nostri occhi. Accusiamoci umilmente.
Gesù, l’innocenza stessa, accetta di essere il grande colpevole al nostro posto. Egli prende su di sé tutti i nostri peccati. Diventa il più grande dei peccatori, perché non vogliamo sopportare le nostre colpe. Così oppresso da tutti i peccati dell’umanità, Gesù subì l’ira del suo divino Padre.
Mentre contempliamo Gesù condannato a morte, chiediamo la grazia di riconoscere i nostri torti, di umiliarci e di non trovare scuse. Il riconoscimento di noi stessi come poveri peccatori è la prima condizione per beneficiare dei frutti della Redenzione acquisiti attraverso la dolorosa Passione del nostro Salvatore. Smettiamola di giustificarci, di scusarci o di dare la colpa agli altri!